Dietro a ogni buon piatto c'è sempre un'ottima birra

Birra Artigianale & Industriale: un amore giunto al tramonto?

Birra Artigianale & Industriale: un amore giunto al tramonto?

Come annunciato nel precedente articolo, riguardante il ridimensionamento di Birra del Borgo su decisione di AB InBev, il 2022 é iniziato con tante novità; che vedono protagonisti interessanti intrecci tra la Birra Artigianale e la Birra Industriale. Nello specifico parliamo di fine rapporti da una delle due parti, più precisamente dalle Multinazionali.

Ma per avere un quadro completo dell’attuale situazione in cui verte la Birra Artigianale, bisogna fare qualche passo indietro, di circa 5-6 anni; quando le Multinazionali intrapresero diverse strategie di acquisizione per ben quattro Birrifici Artigianali Italiani:

Di solito questa strategia riguardava i Birrifici Americani, ma quando l’attenzione cadde sui Birrifici Italiani, con dimensioni e produzioni esigue e un consumo pro capite decisamente basso rispetto agli altri Paesi; il generarsi di dubbi, da parte degli operatori del settore artigianale, sulla sostenibilità dell’affare nel lungo periodo, risultava poco convincente. Soprattutto perché questa strategia di acquisizione in Italia, che io definirei più una “moda passeggera”, visto i soli quattro casi sopracitati, è stata effettua in un momento storico italiano, in cui c’era molto interesse attorno alla Birra Artigianale.

Le continue aperture di Birrifici e locali, a tema Artigianale, auspicavano che la Birra Caft potesse togliere effettivamente importanti punti percentuali al mercato delle Birre Industriali, oltre a quel famoso 3%. La verità, che si celava dietro le acquisizioni, era di frenare questi ipotetici numeri e far entrare nel mercato Craft le Multinazionali, in modo da poterlo gestire a proprio favore.

Alla fine queste strategie  furono il risultato di una serie di azioni avventate e poco approfondite, che generarono solo perdite inutili. L’unica acquisizione, che mostrò avere senso ai tempi, riguardò Birra del Borgo; ma con il senno di poi, visti i recenti sviluppi, tutto ciò non sembra aver portato alcun tipo di giovamento economico a AB Inbev, come per il resto degli altri Birrifici acquisiti.

Di fatto l’inizio del 2022 ha visto le Multinazionali fare dietrofrónt e svincolarsi dai Birrifici acquisiti; ciò vale più precisamente per Hibu e Birra del Borgo. Queste nuove strategie di disimpegno, hanno come fine ultimo quello di salvaguardare eventuali perdite economiche; effettuando tagli sui reparti e dipendenti, per ridurre il più possibile i costi superflui. Così da concentrare e impiegare le risorse sui prodotti di punta, in grado di portare un reale utile economico. Se ciò non bastasse, l’intervento di potatura dei rami secchi sarà più invasivo, come nel caso del Birrificio Hibu.

Sappiamo che Birra del Borgo ha avviato chiusure e licenziamenti, tramite disposizioni provenienti da AB Inbev; mentre Dibevit/Heineken sono intervenuti in maniera più drastica con il Birrificio Hibu. Nel 2017  è stato acquisito al 100%, pur lasciando la gestione in mano agli ex proprietari (Tommaso Norsa e Raimondo Cetani) e facendo investimenti a livello di capacità del sito produttivo, parte tecnologica, protocolli di sicurezza e know-how.

Ma a quanto sembra tutto ciò non bastò a salvare il Birrificio, dalla decisione di Heineken, di abbandonare questo progetto stipulando un accordo di reso dell’intera struttura produttiva con i precedenti proprietari. 

“Hibù Brewing”

Ritornando a tutti gli effetti un Birrificio Artigianale, ma con una struttura e un’impostazione adeguata ai nuovi tempi. Tommaso e Raimondo fanno sapere la loro intenzione a rientrare nel mercato artigianale, consapevoli che ormai molte dinamiche e situazioni sono evolute; per poter perseguire tale obiettivo, hanno deciso di attuare una serie di azioni:

  • Ridurre l’elevato catalogo clienti, che inizialmente era gestito da Dibevit, per concentrarsi solo su alcuni di loro.
  • Garantire le consegne refrigerate.
  • Creare delle nuove collaborazioni con altri Birrifici Artigianali, usando un impianto da 5 hl.
  • Ampliare nuovamente il numero delle loro birre, che precedentemente si era ridotto a 7-8 birre su decisione strategica di Heineken.

Questi quattro interventi si possono concentrare in una loro dichiarazione, rilasciata durante l’intervista di Andrea Turco su Cronache di Birra:

Unire quel quid che Heineken ha portato in questi anni ad aspetti di dinamismo e flessibilità lontani dalla concezione di una grande realtà.

“Matteo Corazza, Birraio del Birrificio di Collerosso”

Inoltre notizia degli ultimi giorni, Birra del Borgo ha ceduto lo storico impianto di produzione situato a Collerosso, destinato alla produzione di birre acide, a Matteo Corazza. Che fin dall’inizio affiancò Leonardo di Vincenzo, come Aiuto Birraio. Ricordiamo, che inizialmente l’impianto di produzione di Collerosso insieme ai locali a marchio di Birra del Borgo, erano destinati a chiusura, con licenziamento dei suoi dipendenti.

L’accordo con AB Inbev prevede la consegna del pacchetto completo; la cessione dell’impianto, le coolship, il marchio, le etichette e le birre prodotte che ancora maturano nelle botti. Naturalmente è sua intenzione comunicare il cambio di direzione con il passato; in particolar modo, intervenendo con un’attività di restyling sul logo e l’identità visiva.

Per quanto riguarda il futuro di questa nuova avventura, in tema “Artigianale”, di Matteo Corazza, vi lascio alle sue parole:

Il progetto sta prendendo forma in questi giorni, ma il focus principale saranno sicuramente le fermentazioni spontanee, in cui credo molto, oltre che una linea a fermentazione controllata che spazierà tra grandi classici e produzioni nuove, sulla quale far convergere l’esperienza maturata nel corso degli anni: birre dettate da passione, estro e ovviamente tanta spontaneità.

Mentre per quanto riguarda i Birrifici del Ducato e Birradamare, la situazione di certo non si può definire più rosea, sembrerebbe, infatti, che la loro presenza nel mercato delle industriali sia praticamente marginale; dislocato esclusivamente sugli scaffali della GDO.

Dopo questo susseguirsi di vicende, la domanda sorge spontanea:

Cosa sta succedendo alla Birra Artigianale?

E’ mai possibile che si sia perso del tutto l’interesse che girava intorno alla Birra Artigianale, nel corso di pochi anni?

Non è proprio così, certo l’interesse intorno alla Birra Artigianale da parte del cliente comune è andato via via scemando; non a caso già prima del Covid gli eventi a tema artigianale erano diminuiti in maniera considerevole, lasciando di fatto solo quelli di grosso impatto mediatico/culturale.

Nonostante la pandemia, abbia modificato dinamiche e situazioni sociali e lavorative, che hanno portato all’allontanamento dal craft:

  • Coprifuoco
  • Chiusure forzate di locali nel settore della ristorazione

Sia i Birrifici, i locali e gli stessi distributori hanno reagito adeguandosi ai nuovi cambiamenti, per non essere tagliati fuori dal mercato; in modo da garantire i propri prodotti, a chiunque, tramite siti di e-commerce specializzati e un servizio di consegna a domicilio, strade che fino a ora non si erano mai intraprese per il mercato artigianale.

“fare di necessità virtù“

“E-commerce & Delivery”

Di certo questa affermazione non vale per le multinazionali, che come accennato precedentemente, stanno rivendendo i piani nel settore artigianale; non perché questo non sia più interessante, ma perché incompatibile con la loro visione del mercato. 

Per quanto ci sia stato un momento in cui la birra artigianale sembrasse prendere piede in Italia, ciò non avvenne mai realmente; poiché la situazione non era matura allora e non lo è tuttora, tranne per alcune realtà con una solida cultura alla base, vedasi gli Stati Uniti. Quindi l’errore delle Multinazionali, fu quello di credere di poter piegare a loro piacimento un mercato, giovane e in continuo formarsi; con prodotti lontani dal consumatore comune, sia per fascia di prezzi che di gusto.

La Pandemia è la Tabula Rasa, di cui il settore artigianale aveva bisogno per imparare dagli errori passati e ripartire da zero.”

Con questa occasione, il settore artigianale ha un’importante strumento di ripartenza; dopo aver constatato, negli anni passati, quali fossero i punti deboli che impedivano alla birra artigianale di affermarsi come prodotto a largo consumo.

Ci vengono in aiuto, nelle grandi città, gli ormai dimenticati “pubetti di quartiere”, che nel corso degli anni, specialmente con la pandemia, stanno vivendo una Nuova Era dell’Oro; vissuti da una clientela fedele che beve con frequenza birra artigianale per gusto personale e non per moda.

Inoltre numerose aziende, legate da molteplici interessi nel settore artigianale, stanno investendo per farsi conoscere da produttori, distributori e rivenditori. Mentre i consumi di birra non sono mai calati, anzi, sono in crescita; sembra strana questa notizia, ma le persone chiuse a casa hanno riscoperto il piacere del cucinare e bere bene.

“Come promesso, da ogni acquisizione, nulla sarebbe cambiato”

Inoltre, a differenza di quello che si possa pensare, il settore artigianale sta reagendo molto bene a questa separazione, tanto da essere giunto a una sua nuova fase, in cui risulta più consapevole, maturo e equilibrato; con degli obiettivi, ancora lontani, ma più chiari.

In conclusione, non bisogna preoccuparsi di questa separazione non consensuale tra Birra Industriale & Birra Artigianale; in quanto gli obiettivi perseguiti dai due settori non sono i medesimi, quindi le strategie di allontanamento dal comparto artigianale non possono intaccare la salute del movimento craft.


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