Dietro a ogni buon piatto c'è sempre un'ottima birra

“Back to Arrogant Sour Festival”

“Back to Arrogant Sour Festival”

Dopo i canonici due anni di fermo, causa Covid, ormai una prassi per ogni articolo che tratta di “Eventi e Festival”, si torna a parlare di un altro famoso evento, atteso da molti, l’Arrogant Sour Festival. Come vi avevo già accennato alla fine dell’articolo sul Franken Bier Fest; mi ero già organizzato a partecipare per la prima volta al più importante Festival, nonché punto di riferimento, sulle birre acide.

Non mi linciate, ma per me è stata la mia prima volta, a cui ho partecipato a questo evento; avevo programmato di andarci nel 2020, ma sappiamo tutti come è andata a finire. Ma quando vidi su Facebook, il video di Alessandro Belli che annunciava la nuova edizione del Festival, non ho perso neanche un minuto e presi subito tre giorni di ferie; per nessuna ragione al mondo mi sarei perso questa occasione.

Premetto che sono stati due mesi lunghissimi di attesa e non stavo più nella pelle, ma finalmente giunse il momento anche per me di partecipare, carico di roba per affrontare ogni tipo di evenienza; volevo evitare di trovarmi impreparato. Quando arrivai nella nuova location, l’Agricola Villa Canali, non mi sarei mai immaginato di trovare un posto così grande; zone ben divise e ognuna di esse con il loro spazio dedicato.

Naturalmente non ho perso tempo e mi sono subito messo in fila per il Kit del Perfetto Sour Drinker; tracolla con bicchiere, guida delle birre, gettoni e tanta voglia di assaggiare il più possibile. Avrò perso una buona ventina di minuti per cercare di capire come e dove iniziare; nel frattempo mi guardavo in giro per capire se riuscivo ad apprendere info utili sullo svolgimento del Festival.

Diciamola chiaramente, ero nel pallone nella maniera più totale; sarà stata la location che non conoscevo, la mia prima volta in questo festival, due anni di totale assenza di eventi, l’eccitazione del momento; ma giuro che per un attimo ero andato in tilt. Ma dopo aver fatto un paio di respiri e aver sgomberato la mente sono riuscito a fare il punto della situazione.

L’obiettivo era quello di assaggiare più birre possibili, concentrandomi soprattutto su quelle di difficile reperibilità; però volevo evitare bruciori di stomaco, che sono sempre dietro l’angolo in queste occasioni e eventuali sbronze, poiché avevo tre giorni di full-immersion. Per fortuna, il Festival era anche pieno di stand di cibo; in questo modo, alternando le diverse bevute con dei piccoli assaggi sono riuscito a portare in salvo il risultato.


“Facce da Sour”


Mi sono divertito un sacco, perché mentre bevevo, giravo per gli stand del cibo per decidere cosa avrei mangiato dopo aver finito la birra e viceversa, quando mangiavo giravo tra le spine in cerca della prossima birra da bere, dopo aver finito di mangiare; un piacevole circolo vizioso.

Le offerte del cibo erano molto variegate, purtroppo non sono riuscito ad assaggiare tutto quanto come speravo, ma una buona parte sicuramente. Ho iniziato con qualche pezzo di erbazzone e gnocco al forno del Forno Moderno (Foto 1), entrambi molto buoni, lo gnocco al forno è una sorta di focaccia genovese molto spessa e soffice, con dei pezzetti di lardo e guanciale al suo interno, ottimo per fare un po’ di fondo; mentre l’erbazzone è una torta rustica ripiena di spinaci e bieta con aggiunta di parmigiano grattugiato, avvolta da una sfoglia croccante di pasta. Ha un sapore intenso che mi ha colpito particolarmente, una delle pietanze più buone del festival.

Ho iniziato fin troppo bene, perché Alessandro Belli dopo essere salito sopra al bancone, ha annunciato come chicca la Spon 2018 di Jester King, unica birra americana presente nel Festival (quindi che fai te privi? Assolutamente no!). Jester King ha avviato il “Progetto Spon”, nel tentativo, direi più che riuscito, di replicare e omaggiare la Geuze belga. Si tratta di un blend di 3 annate 2016-2017-2018, che maturano in botti di rovere; vengono utilizzati acqua del pozzo non filtrata, proveniente dalla falda acquifera Trinity, malto d’orzo coltivato in Texas e grano crudo in un Turbid Mash. Il mosto bolle per quattro ore con luppoli invecchiati; dopodiché viene fatto raffreddare naturalmente durante la notte, in modo da essere inoculato dal lievito presente nell’aria. La mattina successiva viene inserito nelle le botti di rovere, dove fermenterà spontaneamente. Dopo uno o tre anni di maturazione, verrà usata per creare il blend.

E’ stata, come prima bevuta, molto interessante, soprattutto per poter paragonare questa “Versione Americana” di Geuze con la “Versione Originale Belga”. A mio parere molto più equilibrata ed elegante, con un’acidità morbida e coinvolgente.

Prosegue la mia serie di assaggi con un tagliere misto di Rèz Quality Food; composto da Crudo, Salame e Lonzino, insieme a Reggiano 60 mesi, Pecorino d’alto appennino, Reggiano Vacche Rosse 30 mesi. Molto buoni i salumi e ineccepibili i formaggi, mentre mangiavo, avevo già in mano il boccone successivo. Mi è sembrata anche un’ottima idea accompagnare il tagliere con il Burger di Tartare, maionese all’aglio, acciughe ed olio evo aromatico della Macelleria Brarda, veramente un capolavoro di bontà. La maionese e le acciughe donavano quel giusto di sapidità e grassezza al boccone che non rovinava assolutamente il sapore della carne. Il panino era piccolo e con tre morsi lo finivi senza accorgetene; e mi sono tenuto largo, altrimenti ne bastavano due per quanto era buono. Ma la grandezza ci stava anche perché non bisognava saziarsi, ma semplicemente accompagnare le bevute.

Girando lungo le 60 spine del bancone incappo nella 20 Con Sangiovese del Birrificio Cantina Errante, è ottenuta per fermentazione spontanea di un mosto prodotto a inizio anno, in questo caso il 2020; tramite la tecnica del Coolship. Dopo 18 mesi di maturazione in legno, viene aggiunto in macerazione uva biodinamica, di varietà Sangiovese da una vigna vecchia 40 anni, della Fattoria Le Masse. La percentuale di uva è del 15%, raccolta a mano, diraspata a mano e pigiata. Aggiunta alla birra, ha dato vita ad una nuova fermentazione, con il suo carico di zuccheri e microorganismi e le ha donato un colore arancione intenso e una gamma di sapori fruttati e funky. Lampone, ribes, uva, arancia, mandarino e bitter, insieme a note rustiche e chiodi di garofano. L’acidità è ben presente ma morbida.

Ho trovato questa birra molto piacevole, con un’acidità marcata ma non troppo invadente, le note dell’uva sono delicate; al naso è possibile trovare un profilo pulito e deciso.

Questa tecnica di alternare cibo e birra è una salvezza, però ho una voragine invece che un buco allo stomaco; ma devo resistere e procedere a piccoli morsi. Viene in mio soccorso la Trattoria Trippa, preparando il Panino con il Tastasal, altro non è che un impasto di carne fresca di maiale macinata, salata ed insaporita con abbondante pepe nero grosso frantumato. La sua consistenza è friabile, che si sgrana al tatto, e il suo colore è un rosa vivo. Il suo sapore deciso e intenso è esaltato da un gradevole profumo di chiodi di garofano, cannella, aglio e rosmarino che rende questa carne particolarmente invitante. Continuo prendendo il Panino con Spalla Cotta calda, Giardiniera e Salse dell’Osteria Fratelli Pavesi; la carne era cotta benissimo, molto tenera, che quasi si sfaldava ma riusciva a mantenere una sua texture, la giardiniera e le salse bilanciavano tra acidità e dolcezza, il boccone estremamente goloso. Fra tutti il panino che più mi ha colpito, ma anche gli altri erano notevoli.

Continuando il mio giro lungo il bancone, una birra, ma soprattutto chi la spilla colpisce la mia attenzione; è la Rodenbach Vintage 2016 del Birrificio Rodenbach, mentre a spillarla trovo Giorgio “Mastro Titta”, non potevo non provare questa birra, anche perché stavo proprio cercando una birra che avesse un carattere maltato più pronunciato. Si tratta di una Flanders Red Ale, nel bicchiere si presenta di un rosso rubino, con una schiuma bianca mediamente persistente. Al naso la nota acetica si fa subito sentire, seguito da un bouquet dolce, caramello, miele ma anche fragolina di bosco. Al palato ritrovo tutto quello percepito dal naso, con un dolce che ricorda vini come il fragolino o il brachetto, ancora caramello e miele, sul finale arriva il caldo della quercia. Il retrogusto comunque rimane fruttato asprigno, ma asciutto e pulito; è uno stile di birra che mi è sempre piaciuto, molto complesso e con un enorme struttura data dalla scelta dei malti speciali.

Purtroppo non riesco sempre a trovarla in giro, ma quando mi capita a tiro non me la faccio di certo sfuggire. Mi sono accorto che bevendo e stuzzicando, praticamente si è avvicinata l’ora di cena, quindi bisogna aumentare il carico di cibo per poter proseguire senza intoppi le ultime ore prima della chiusura serale del Festival.

E’ giunto il momento della portata principale, ovvero la Pizza, come sappiamo tutti quanti, ma secondo me va sempre ribadito; Pizza & Birra è l’accoppiata vincente. Per questo motivo ho deciso di provare la “Fuori Norma” di Storie Dipinte, realizzata con Pomodoro giallo del Vesuvio, Mozzarella di Bufala affumicata, Melanzane, Pepe, Restrizione di Basilico. Impasto molto soffice all’interno e croccante esternamente, la scelta degli ingredienti era ben azzeccata e soprattutto si abbinava molto bene con la Rodenbach. Anche in questo caso il paniello era di un formato più piccolo, credo sui 200 g o poco più; che nel caso del Festival, scegliere dei formati piccoli è una decisione consona per poter dare a tutti la possibilità di assaggiare più cose.

Sono quasi giunto al termine di questa vera e propria escalation tra cibo e birra; ma prima di concludere vorrei riuscire a trovare una birra da fine pasto. Un birra da sorseggiare tranquillamente e che sia anche in grado di scaldarmi; perché si è alzato un vento molto freddo e anche se sono ben coperto, una birra di questo calibro può solo che aiutare. Mi sono imbattuto, nel Beershop del Festival, in una IGA che mi aveva colpito particolarmente perché venivano usate delle uve appassite; sto parlando della Resurrection 2018 di Wild Creatures. Sono state utilizzate uve come Pinot Nero e Moscato della Moravia. Hanno proceduto al naturale appassimento delle uve appendendole, in modo che l’acqua in eccesso evapori lentamente dai chicchi d’uva. Così da concentrare maggiormente gli aromi e gli zuccheri; il processo di appassimento dura circa 4 mesi.

La fermentazione è molto lenta, inoltre viene fatta maturare in botti di legno per 3 anni, in determinate condizioni speciali; inoltre l’alto tasso alcolico e l’elevato livello zuccherino rallentano il lavoro del lievito, in modo che la birra risulti molto densa. Alla fine si sviluppano sentori di frutta candita, miele, uvetta e spezie dolci; che scaldano il palato per tutta la durata del sorso.

Per concludere in maniera perfetta questo mio percorso di abbinamenti tra cibo & birra, durante il Festival, non poteva mancare il dolcetto. Ho optato per il Gelato allo Zabaione della Cremeria Capolinea, aveva a disposizione diversi gusti, anche uno molto intrigante, burro e alici; che sarebbe stato il massimo da abbinare al Burger di Tartare. Però mi accontento di aver accoppiato questo gelato alla Resurrection; sembravano fatti l’uno per l’altro, un paio di cucchiaini di gelato e un sorso di birra, ed ecco arrivare la vera pace dei sensi. Il gelato era molto cremoso, riuscivo a percepire il tuorlo e il marsala; e non si scioglieva facilmente, un aspetto da non sottovalutare, perché il gelato si deve mangiare e non bere. Finita la mia coppetta, devo pulirmi le mani, non so perché ma erano piene di gelato, uno di quei misteri che non so se la scienza sarà mai in grado di spiegare; però mi lavo le mani e vado avanti.

Terminata la mia sessione di abbinamento/degustazione, mi è rimasto del tempo per poter dedicarmi al Beershop, che durante il mio viavai ci ero sempre passato davanti senza mai soffermarmi per bene.

“Beershop dell’Arrogant Sour Festival”

Non appena capii di cosa si trattava, scoprii un vero angolo di paradiso, infatti non appena cominciai a prenderci la mano stavo sempre lì davanti a leggere e provare nuove birre in mescita; ho trovato molti stranieri che avevano una vera e propria lista della spesa di birre da provare o comprare in bottiglia, in confronto a loro ero un vero e proprio pivello alle prime armi.

Ho provato diverse birre, tutte molto valide e interessanti, a mio parere il vero cuore del Festival, senza togliere nulla alle birre alla spine; ma in questo caso era possibile bere e comprare delle piccole chicche.

In conclusione, come mia prima esperienza è stato veramente una splendida esperienza. Non avendo partecipato alle precedenti edizioni non ho altri termini di paragone per poter dire che questa sia stata un’edizione valida come le precedenti. Anche perché ci sono stati molti fattori, pandemia, cambio di location; che per certi versi possono aver destabilizzato i più affezionati. Nel mio caso ho trovato la nuova location molto bella e spaziosa, in questo modo è stato possibile suddividere per bene le diverse attività in programma come le degustazioni e i laboratori. Confrontandomi con altre persone, siamo tutti giunti alla medesima conclusione che sia l’unico evento in cui il livello del cibo è equiparabile al livello delle birre. L’estrema organizzazione, anche nei piccoli dettagli è ben visibile e tangibile, ma soprattutto apprezzabile per quanto mi riguarda. Poi incontrare tanti amici dietro al bancone a spillare birra è veramente una delle cose più fiche che si possa fare.

E’ uno dei modi migliori per far sentire più vicino tutte le persone che vengono al festival, nonché una manifesta solidarietà da parte di tutti i Publicans, in questo Evento che mira a divulgare passione e conoscenza per il mondo delle birre sours. Rinnovo ulteriormente i miei complimenti a Alessandro Belli per essere riuscito nuovamente in questa impresa e a tutte le persone che hanno partecipato per dare una mano. Non vedo l’ora di poter partecipare nuovamente e chissà che la prossima volta non riesca a stare dietro le spine.

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